I temi di Francesco Messina: il colore

La produzione di Messina si caratterizza, fin dagli esordi, per il riferimento alla tradizione classica, antica e rinascimentale. Questa predilezione convive con la ricerca di un linguaggio moderno, di volta in volta elaborato nella consapevolezza del proprio tempo e continuamente aggiornato.

Nel corso della sua lunga carriera di scultore, Francesco Messina si esercita e concentra su alcuni temi che indaga in profondità e approccia da diversi punti di vista.

Conosciamoli attraverso le sculture della collezione permanente dello Studio Museo.

La ricerca sul colore è una delle questioni più interessanti nell'arte di Francesco Messina, ma anche tra le meno affrontate dalla critica. Conosciamo quindi questa sua indagine attraverso alcune opere rappresentative dello Studio Museo.

Messina si confronta per la prima volta con la scultura dipinta dopo un viaggio in Egitto avvenuto nel 1938, quando modella il ritratto della moglie Bianca, declinato in bronzo, in marmo e in tre versioni di terracotta dipinta, tra cui la scultura conservata presso lo Studio Museo, colorata con toni lievi e con un risultato delicato, opaco e leggero.

La riflessione sull'uso del colore in scultura subisce un'accelerazione e nuovi stimoli negli anni Sessanta e Settanta.

Nel 1964 la Pop Art irrompe alla Biennale di Venezia. Gli artisti italiani reagiscono alle sollecitazioni del nuovo linguaggio, declinato in opere di pittura, scultura e ambientali. Anche Francesco Messina non deve restare indifferente.

Tra il 1968 e il 1972 torna sul ritratto di Bianca, sia ritoccando con il colore il marmo del 1938 sia creando un altro esemplare in terracotta, estremamente realistico, che ritrae la moglie ultrasettantenne a mezzo busto, con un vestito verde e un fazzoletto giallo brillante sul capo.

La serie di ritratti di Bianca nelle diverse stagioni della vita dello Studio Museo di Milano, composta da una versione in marmo policromo e da due terrecotte, è un'analisi del volto della donna amata, della trasformazione che il tempo genera fisicamente, ma non nello spirito e nell'anima.

Specialmente il ritratto del 1972 rappresenta un tentativo riuscito di rendere, attraverso la materia, il carattere e l'attitudine della donna, che guarda in lontananza con lo sguardo perso nel vuoto, imperturbabile, mentre la policromia è impiegata per sottolineare i tratti somatici e rendere l'effetto vivace del trucco sul viso.

In parallelo, Messina ritrae personaggi iconici del tempo, come le ballerine della Scala Aida Accolla, Carla Fracci e Luciana Savignano, inaugurando una fase di ricerca espressiva basata sul ricorso al colore, anche molto acceso.

Nello stesso periodo lo scultore lavora alla Nancy - di cui si intuiscono i jeans - e al Ritratto di Barbara Ermert, conosciuta e ritratta insieme al marito Henno Ermert sul lago di Garda. Il Ritratto di Henno Ermert si trova, in seguito alla donazione di Messina, al Museo Nazionale del Bargello a Firenze.

Queste sculture policrome sono modellate con un realismo che sfiora l'ossessione e con un'attenzione ai dettagli che restituisce una sensazione quasi inquietante. In questo modo, e anche grazie all'uso del colore, Messina non solo interpreta i soggetti delle sue opere in chiave moderna, ma descrive le società, le mode e gli stili contemporanei.

Nonostante il buon numero di opere policrome realizzate da Messina tra gli anni Sessanta e Settanta, raramente la critica ha preso seriamente in considerazione questa fase della sua ricerca artistica. Tra i pochi a considerarle tra le sculture più riuscite ed emozionanti "della tensione spirituale del nostro tempo" è lo storico dell'arte Franco Russoli che sottolinea come la loro esasperata evidenza fisica riesca a instaurare un "accordo ambiguo tra verità e invenzione, frutto di una intensa elaborazione stilistica e poetica" (in V. Scheiwiller, P. B. Conti, Francesco Messina sessant'anni a Milano, Milano 1972, p. 177).

 

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