I temi di Francesco Messina: i cavalli

I temi di Francesco Messina: i cavalli

La produzione di Messina si caratterizza, fin dagli esordi, per il riferimento alla tradizione classica, antica e rinascimentale. Questa predilezione convive con la ricerca di un linguaggio moderno, di volta in volta elaborato nella consapevolezza del proprio tempo e continuamente aggiornato. 

Nel corso della sua lunga carriera di scultore, Francesco Messina si esercita e concentra su alcuni temi che indaga in profondità e approccia da diversi punti di vista.

Conosciamoli attraverso le sculture della collezione permanente dello Studio Museo. 

I cavalli 

Nel corso della sua carriera, Francesco Messina si è più volte confrontato con il tema del cavallo, a partire dagli anni Trenta e Quaranta. In questi anni lo scultore realizza alcuni monumenti in linea con la propaganda e l'arte ufficiale di regime, come il "Regisole" di Pavia (1937) e la "Quadriga" per il Palazzo dei Congressi di Roma E.42 (1940-1941). In queste sculture i cavalli procedono a passo lento ed elegante, rimandando quasi a una parata militare; da una parte sono caratterizzati da una forte componente classica, dall'altra non mancano le suggestioni degli studi leonardeschi. 

La resa realistica e i movimenti dei cavalli non sono solo il frutto di un confronto con l'antico e la tradizione rinascimentale, ma anche dello studio dal vero volto a comprendere meglio anatomia e carattere dell'animale: Messina aveva persino imparato a cavalcare e spesso portava un cavallo nelle aule dell'Accademia di Brera per studiare da un modello reale. 

L'interesse per i cavalli si sviluppa nei decenni successivi, quando Messina sperimenta nuove soluzioni anche in sculture di piccole dimensioni. Risale al 1958 la serie dei piccoli dieci "Cavalli" in bronzo esposta per la prima volta a una mostra alla Galleria dell'Annunciata di Milano, di cui una versione si conserva presso lo Studio Museo. In questi cavallini, carichi di un pathos esasperato, che galoppano, nitriscono, si imbizzarriscono e schiantano agonizzanti, Messina abbandona la pacatezza tipica della statuaria classica, in favore di influenze contemporanee e di una nuova sensibilità: ciò che ora lo attrae è la possibilità, sperimentata da altri scultori del periodo come Marino Marini, di utilizzare le sculture con soggetto animale per rappresentare il dramma storico e esistenziale dell'essere umano.

Tra gli elementi della serie compare anche un cavallino che costituisce una prima idea sul tema del cavallo morente, realizzato poi in grandi dimensioni su commissione della RAI.

Per questa celeberrima opera, conclusa nel 1966, Messina rielabora forse un altro progetto monumentale dedicato all'eroe delle lotte per l'indipendenza dell'America Latina Simon Bolivar, mai realizzato.

La drammaticità di questa scultura e della sua prima idea, che rappresentano un cavallo ferito in combattimento, esprime anche una volontà di rivincita: le zampe posteriori sono piegate a terra, ma quelle anteriori sono puntate al suolo nel tentativo di rialzarsi; il dolore e lo sforzo sono espressi anche nella torsione della testa verso il cielo e nella bocca aperta in un grido di dolore. 

In ultimo, lo Studio Museo conserva uno "Stallone" del 1979, un'opera altrettanto drammatica, realistica e vitale, variante di una scultura realizzata alla fine degli anni Sessanta e poi rielaborata in un grande cavallo in bronzo oggi a Catania. 

 

 

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